La stroncatura, meglio struncatura in dialetto, è un tipo di pasta molto particolare che ho conosciuto durante il mio viaggio in Calabria [link all’articolo]. In passato veniva preparata con gli avanzi della crusca del grano appena macinato. I residui rimasti a terra venivano spazzati e riutilizzati per preparare questo piatto povero, spesso mangiato dagli animali allevati. Per anni è stata vietata la produzione e oggi di quel metodo rimane solo il ricordo. Si trova sulle tavole di tutta la Calabria, anche se è una ricetta tipica della zona di Reggio Calabria e della Piana di Gioia Tauro.
La stroncatura viene preparata solitamente con farina di grano duro integrale e segale senza uova, ma io l’ho trovata in diverse varianti: con le uova, con il grano saraceno, insomma conserva ancora quell’aspetto del riciclo di farine rimaste in dispensa. Questo aspetto lo rende, a mio avviso, uno dei migliori piatti poveri della tradizione calabrese. Gli ingredienti con cui viene condita la pasta sono alici, pomodorini secchi o freschi, olive e pangrattato.
Anche il pangrattato è uno di quegli alimenti di recupero della cucina italiana. Non si compra, si utilizza il pane vecchio, lo si fa seccare e poi si trita con un buon mixer. Inoltre sul blog trovate tante idee per riutilizzare il pane raffermo [link].